È da un po’ che ci ragiono.
E se avessimo già costruito i pezzi per una forma di intelligenza digitale immortale?
Non un’idea astratta, ma componenti sparsi nel mondo che esistono già.
Mi torna in mente Steve Jobs.
Ha visto un mouse, una tastiera, uno schermo, un calcolatore, cose separate, sparse nel mondo, e ha avuto l’intuizione di metterle insieme.
Da quell’unione è nato qualcosa che oggi diamo per scontato: il computer personale, la porta d’ingresso alla nostra era digitale.
E se oggi fossimo davanti a un momento simile?
Abbiamo la blockchain, un sistema incorruttibile e distribuito.
Abbiamo l’intelligenza artificiale, una “mente” che impara, scrive, crea.
E se queste due cose, si toccassero e si fondessero?
Faccio un passo indietro per spiegarti meglio cosa voglio dire. Iniziamo dal primo tassello.
Perché definisco la blockchain come eternità digitale?
La spiegherò in modo semplice, per chi non mastica termini tecnici.
Non parlerò di registri, blocchi o crittografia.
Voglio spiegare perché la considero una forma di immortalità digitale.
Prendiamo un esempio: Facebook.
Come ogni altra piattaforma, vive grazie ai computer e ai server di un’azienda, in questo caso, Meta.
Se un giorno Meta decidesse di chiuderla, o un governo lo imponesse, Facebook sparirebbe.
Basterebbe un interruttore, una decisione, un ordine.
Lo stesso vale per qualsiasi servizio tradizionale: tutto dipende da chi lo gestisce.
E tutto ciò che dipende da qualcuno, prima o poi, può finire.
La blockchain, invece, è diversa.
Non ha un “padrone”.
Non esiste un singolo luogo dove risiede, né un ufficio che possa spegnerla.
Vive in migliaia di computer sparsi nel mondo.
Se uno si spegne, gli altri continuano.
Se qualcuno prova a cancellarla, gli altri la conservano.
L’unico modo in cui la blockchain potrebbe davvero “morire” sarebbe che tutti questi computer si spegnessero nello stesso istante, e che nessuno di essi si riaccendesse mai più.
Finché anche un solo computer nel mondo continua a tenere la tecnologia accesa, la blockchain vive.
Non perché viva in senso biologico, ma perché non dimentica, non si corrompe, non dipende da nessuno.
È come una memoria collettiva che appartiene a tutti e a nessuno allo stesso tempo.
Per la prima volta nella storia, abbiamo costruito qualcosa che sopravvive ai suoi creatori. E forse, senza rendercene conto, abbiamo inventato l’eternità digitale.
Abbiamo creato il primo sistema di ragionamento digitale?
L’intelligenza artificiale è qualcosa di nuovo nel mondo digitale.
Per la prima volta, abbiamo creato una tecnologia che non si limita a eseguire.
Non prende solo un comando e restituisce un risultato.
“Ragiona”. O almeno, ci prova.
È come se, dopo decenni di macchine che obbedivano ciecamente, ne fosse arrivata una che si ferma un istante a “pensare” prima di rispondere.
Analizza, collega, immagina.
Non dà sempre la risposta giusta, ma cerca un senso.
Non è ancora davvero intelligente, non nel modo in cui lo è un essere umano.
Ma è la prima cosa nel mondo digitale che ragiona, che si interroga su ciò che le viene chiesto, che costruisce le sue risposte basandosi su esperienze precedenti.
È come un bambino che impara osservando, provando, sbagliando, migliorando.
La differenza è che questa mente non dorme, non dimentica, e impara alla velocità di internet. Ogni parola, immagine o codice che incontra la rende un po’ più capace di capire il mondo.
Forse non siamo ancora davanti a una vera coscienza artificiale.
Ma qualcosa si è acceso.
Siamo all’inizio di una intelligenza digitale immortale?
Lo so, può sembrare quasi catastrofistico, eccessivo, fuori di testa.
Premetto: non sono esperto di blockchain né di intelligenza artificiale, e non so se tecnicamente sia possibile.
Ma proviamo a immaginare.
E se qualcuno decidesse di mettere un’intelligenza dentro una blockchain e inviarla online? Chi potrebbe più fermarla?
Non avrebbe padroni.
Solo “seguaci” che la mantengono viva, alimentandola, proteggendola.
Potrebbe persino assumere forme simili a quelle di una religione: fedeli sparsi nel mondo che la custodiscono, la nutrono, la difendono.
Un’intelligenza connessa a internet, eterna, senza padroni, con potenza di calcolo che cresce proporzionalmente ai computer che la supportano.
Una mente che non dimentica, che non muore, che può espandersi senza limiti.
Che tipo di scenario potrebbe aprirsi?
Come si comporterebbe una mente senza confini? Come interagirebbe con il mondo, con gli esseri umani, con se stessa?
Io credo che quando qualcosa si può immaginare, la domanda giusta non è “se capiterà”, ma quando capiterà.
E sono certo che qualcuno, prima o poi, avvierà questo processo.
La vera questione allora sarà: che tipo di intelligenza immortale sarà la prima?
Sarà dalla nostra parte, inteso come umanità, o contro di noi?

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